INTERVISTA A ELENA GHIAUROV
Milanese di origine bulgara, attrice diretta da importanti registi teatrali, da Ronconi a Lavia a Castri, Elena Ghiaurov è Clitennestra nell’Ifigenia in Aulide di Federico Tiezzi.
Cosa le piace del suo personaggio?
E’ una figura interessante anche perché rappresenta il prequel di tutto ciò che succederà quanto al mito degli Atridi. Mi piace perché trova il modo di fare emergere l’inizio del piano di vendetta, di manifestare il dolore che si tramuta in proposito di rabbia: la rabbia di una madre tenacemente decisa a difendere i propri figli, in questo caso Ifigenia, e di vendicarsi come succederà nell’Agamennone di Eschilo.
Quanto ritiene che la sua personalità sia vicina a quella di Clitennestra? In cosa crede di assomigliarle?
Non vedo Clitennestra come una figura necessariamente negativa. Non so quanto io possa assomigliarle, ma credo che la vena di giustizia o giustizialista che c’è in lei scorra anche in me. Diventa un’assassina ed è per questo esecrabile, è vero, però ha in sé un filo di moralità che nasce dal dolore e induce ad avvicinarsi a lei con animo comprensivo e non reprensivo. In realtà anche io mi sento una donna leggermente vendicativa, anche se non è un tratto del mio carattere che metto in pratica, ma mi riconosco che l’indole è la stessa. Perciò mi riconosco abbastanza in Clitennestra.
Secondo lei, il suo personaggio euripideo è dunque conforme a quello eschileo?
Lo spessore è molto diverso. Euripide ha una scrittura più colloquiale e immediata, ma se si riesce a lavorare bene su questo personaggio si può arrivare molto vicini a quella che è Clitennestra in Eschilo.
E quanto al testo di Euripide, la sua Clitennestra quanto gli è fedele e quanto lo è alla traduzione di Guidorizzi?
Mi sembra che lo sia in entrambi i casi. Poi, chiaramente, ogni traduzione offre spunti diversi. Quella di Guidorizzi presenta suggestioni che altre non hanno, ma questo credo che sia un elemento di interesse. E’ compito del traduttore fare emergere un clima che risulta ogni volta diverso. Non mi sento comunque di dire che questa traduzione tradisca Euripide.
Lei è un’attrice completa, ma si trova più a suo agio nel teatro antico o in quello contemporaneo?
Io ho fatto prevalentemente teatro classico e quindi mi ci trovo più a mio magio, ma se devo esprimere un desiderio mi piacerebbe in futuro confrontarmi, più di quanto abbia fatto, con la drammaturgia contemporanea, ma so bene che esperienze come questa a Siracusa sono fondamentali per un attore.
Quanto vale il teatro greco aretuseo?
E’ un’esperienza talmente diversa, un impatto così originale, che penso che sia fondamentale almeno una volta nella vita cimentarsi con una scena come quella del teatro greco di Siracusa. E’ un luogo magico che ti dà modo di porgerti in modo diverso rispetto a quanto non faresti al chiuso, anche per via della quantità di spettatori che è impressionante. E’ l’esperienza massima capace di riportarti all’origine dell’attore, dove è nato. L’altro giorno ho fatto delle cover al teatro e la prima cosa che ho sentito è stata la commozione. Ho avuto la sensazione che nulla sia cambiato.
Lei è d’accordo sulla modernizzazione delle tragedie classiche o pensa che debbano mantenere il loro spirito originario?
Non possiamo non tenere conto del tempo in cui viviamo. Se la modernizzazione segue con intelligenza una linea che unisce con coerenza il messaggio e il senso della tragedia alla coscienza moderna, senza stravolgere il significato della tragedia, è un’operazione interessante, altrimenti meglio rinunciare. Nelle tragedie c’è tutta la gamma dei sentimenti umani che sono di ogni tempo, anche il nostro, per cui ben venga la modernizzazione, purché sia anche conservazione.