INTERVISTA A LUCIA LAVIA
Conosce già Ifigenia avendola interpretata tre anni fa al teatro greco-romano di Catania nella versione di Mircea Eliade, ma Lucia Lavia ammette che «Siracusa è un’altra cosa. E’ il vero teatro antico» dice dopo quattro giorni dall’inizio delle prove di Ifigenia in Aulide diretta da Federico Tiezzi. Figlia ventitreenne di Gabriele Lavia (origini catanesi) e Monica Guerritore, la giovanissima attrice non nasconde l’emozione e la felicità: «“E’ un’esperienza unica” mi ha detto mio padre che nel 2000 è stato regista e interprete di Edipo Re qui a Siracusa. Ed è la prima esperienza del genere di fronte a un pubblico così numeroso.»
Spaventata? Ci sono stati attori di ben più lunga carriera che hanno avuto attacchi di panico davanti alle migliaia di spettatori assiepati nella cavea.
Paura no, ma sapere che si inizia quando c’è ancora la luce del giorno mette ansia a chiunque, perché vedere il pubblico fa impressione. In estate la luce cala più tardi e a Verona, alle nove di sera, mi sono un po’ intimidita al teatro all’aperto. Non è come in un teatro al chiuso dove in sala vedi il buio. Ma è questione di poco tempo, lo so: basta rompere il ghiaccio.
Su questo non ha avuto consigli da suo padre e sua madre?
Loro vogliono che io viva per intero la mia esperienza. Lavoro con un altro regista e quindi non pososno che dirmi da genitori di stare rilassata.
Le pesa il blasone?
Non mi pesa. Sono una persona diversa, staccata da loro anche se sono molto legata ad entrambi. Sono anche orgogliosa del mio cognome, però mi sento a parte.
Come vede il personaggio di Ifigenia? Pensa di poterle assomigliare? Per l’età senz’altro.
Ifigenia è un personaggio complicato, c’è da lavorarci. E’ una figura molto bella e importante perché è poliedrica: prima implora il padre di non sacrificarla e dunque esprime dolore e pianto. Pochissime pagine dopo cambia completamente idea e chiede anzi di essere immalata e convince la madre che è giusto morire. È qui il valore di Euripide. Arriva il momen to in cui dice alla madre “ragionate con me, considerate se io ho ragione”. Ecco il grande tema della ragione, il logos che domina i sentimenti, l’anima.
Come si sta preparando a fare questa inversione a U?
Sarà un bel percorso, debbo dire. Lavoro molto bene con Federico e con la compagnia che è fatta di attori di grande valore.
Se fosse successo a lei per un’ipotesi dell’impossibilità, avrebbe chiesto a suo padre di essere salvata o di essere immolata per il bene della patria?
Non lo so, davvero non lo so: è troppo lontana da noi questa concezione dualistica.
La domanda ne postula in realtà un’altra: le verrà meglio interpretare la supplice o l’eroina?
Sarà tutto molto complesso. Ma io vedo come un cerchio, un percorso entro il quale il personaggio non cambia, resta unico dall’inizio alla fine.
Il regista sta modificando il suo ruolo rispetto al testo euripideo?
Non ho ancora elaborato questo. Abbiamo letto il testo, stiamo approfondendo tutte le battute in profondità. Tiezzi è un uomo molto colto ed ha idee molto chiare su quello che vuole. E’ bello che si soffermi sui personaggi e sull’ambiente: l’esercito fermo, la bonaccia, il clima di stallo e di immobilità. Tutto molto simbolico. Per farmi comprendere come vede Ifigenia, Tiezzi mi ha ricordato il romanzo di Conrad La linea d’ombra, metafora del passaggio dalla giovinezza alla maturità, un passaggio che è quello anche di Ifigenia, che acquista consapevolezza e identità passando da una condizione a un’altra..
Lei ama più il teatro classico o quello contemporaneo?
Tutto parte da qui, dal teatro classico, che non si può dunque non amare. Si continua a fare e si farà per sempre. Questi testi sono straordinari, scritti così tanto tempo fa…
Cosa non le piace di Ifigenia?
I propri personaggi vanno sempre difesi, così come i propri spettacoli: è quello che dice mio padre. Non c’è niente perciò che non mi piaccia di Ifigenia.INTERVISTA A LUCIA LAVIA
Conosce già Ifigenia avendola interpretata tre anni fa al teatro greco-romano di Catania nella versione di Mircea Eliade, ma Lucia Lavia ammette che «Siracusa è un’altra cosa. E’ il vero teatro antico» dice dopo quattro giorni dall’inizio delle prove di Ifigenia in Aulide diretta da Federico Tiezzi. Figlia ventitreenne di Gabriele Lavia (origini catanesi) e Monica Guerritore, la giovanissima attrice non nasconde l’emozione e la felicità: «“E’ un’esperienza unica” mi ha detto mio padre che nel 2000 è stato regista e interprete di Edipo Re qui a Siracusa. Ed è la prima esperienza del genere di fronte a un pubblico così numeroso.»
Spaventata? Ci sono stati attori di ben più lunga carriera che hanno avuto attacchi di panico davanti alle migliaia di spettatori assiepati nella cavea.
Paura no, ma sapere che si inizia quando c’è ancora la luce del giorno mette ansia a chiunque, perché vedere il pubblico fa impressione. In estate la luce cala più tardi e a Verona, alle nove di sera, mi sono un po’ intimidita al teatro all’aperto. Non è come in un teatro al chiuso dove in sala vedi il buio. Ma è questione di poco tempo, lo so: basta rompere il ghiaccio.
Su questo non ha avuto consigli da suo padre e sua madre?
Loro vogliono che io viva per intero la mia esperienza. Lavoro con un altro regista e quindi non pososno che dirmi da genitori di stare rilassata.
Le pesa il blasone?
Non mi pesa. Sono una persona diversa, staccata da loro anche se sono molto legata ad entrambi. Sono anche orgogliosa del mio cognome, però mi sento a parte.
Come vede il personaggio di Ifigenia? Pensa di poterle assomigliare? Per l’età senz’altro.
Ifigenia è un personaggio complicato, c’è da lavorarci. E’ una figura molto bella e importante perché è poliedrica: prima implora il padre di non sacrificarla e dunque esprime dolore e pianto. Pochissime pagine dopo cambia completamente idea e chiede anzi di essere immalata e convince la madre che è giusto morire. È qui il valore di Euripide. Arriva il momen to in cui dice alla madre “ragionate con me, considerate se io ho ragione”. Ecco il grande tema della ragione, il logos che domina i sentimenti, l’anima.
Come si sta preparando a fare questa inversione a U?
Sarà un bel percorso, debbo dire. Lavoro molto bene con Federico e con la compagnia che è fatta di attori di grande valore.
Se fosse successo a lei per un’ipotesi dell’impossibilità, avrebbe chiesto a suo padre di essere salvata o di essere immolata per il bene della patria?
Non lo so, davvero non lo so: è troppo lontana da noi questa concezione dualistica.
La domanda ne postula in realtà un’altra: le verrà meglio interpretare la supplice o l’eroina?
Sarà tutto molto complesso. Ma io vedo come un cerchio, un percorso entro il quale il personaggio non cambia, resta unico dall’inizio alla fine.
Il regista sta modificando il suo ruolo rispetto al testo euripideo?
Non ho ancora elaborato questo. Abbiamo letto il testo, stiamo approfondendo tutte le battute in profondità. Tiezzi è un uomo molto colto ed ha idee molto chiare su quello che vuole. E’ bello che si soffermi sui personaggi e sull’ambiente: l’esercito fermo, la bonaccia, il clima di stallo e di immobilità. Tutto molto simbolico. Per farmi comprendere come vede Ifigenia, Tiezzi mi ha ricordato il romanzo di Conrad La linea d’ombra, metafora del passaggio dalla giovinezza alla maturità, un passaggio che è quello anche di Ifigenia, che acquista consapevolezza e identità passando da una condizione a un’altra..
Lei ama più il teatro classico o quello contemporaneo?
Tutto parte da qui, dal teatro classico, che non si può dunque non amare. Si continua a fare e si farà per sempre. Questi testi sono straordinari, scritti così tanto tempo fa…
Cosa non le piace di Ifigenia?
I propri personaggi vanno sempre difesi, così come i propri spettacoli: è quello che dice mio padre. Non c’è niente perciò che non mi piaccia di Ifigenia.