Catellinaria degli Allocchi, Eden fuori dalle regole, zona franca dove tutto è lecito, imbrogliare, sedurre, pasticciare.E dove ognuno è ben accolto, meglio se “diverso”. Un gay pride dove ciascuno può intervenire, senza aver paura del ridicolo: Roberta Torre è andata ben oltre Aristofane e questi suoi Uccelli che ieri hanno completato la trilogia 2012 dell’Inda al Teatro Greco di Siracusa dove, con Prometeo e Baccanti resteranno fino al 30 giugno – sono uno sberleffo prolungato alla maniera della regista. Parecchio sopra le righe, esagerata, stravagante, un circo di stridii, cinguettii, zirli, di cui Mauro Avogadro (un ottimo Pisetero) è il gran manovratore, il pagliaccio geniale che, stanco di vivere ad Atene, decide di fondare una città (Castellinaria, appunto) nel libero mondo degli uccelli. Fin qui Aristofane, poi si intrufola la Torre che mette giù il suo carico di costumi piumati, parrucche settecentesche, taffetàs, merletti amplificando battute, doppisensi e allusioni del testo originale: e la commedia sociale, la satira contropotere, le delusioni inappagate del vecchio protagonista, la diatriba tra dei (derisi) e uccelli (liberi), si dissolvono in un carnevale che il pubblico dimostra di gradire parecchio. Al fianco di Avogadro, Sergio Mancinelli è il (bravo) discepolo Evelpide, altro clown sopra le righe, e Rocco Castrocielo, un’upupa che somiglia molto a Bianconiglio di Alice, al loro fianco, tutti bravi, Simonetta Cartia, Giacinto Palmarini, Enzo Campailla, Elena Polic Greco. La sfilata di questuanti e parassiti prima, la discesa degli dei, poi, diventano un corteo mascherato: pirati dei Caraibi, cavalier serventi imparruccati, pinocchi in palandrana, poeti squattrinati e suggeritori spaesati, ispettori in negligé modello escort, un vendtore di decreti che ricorda Alì Babà e propone un cuntu perdendo i pantaloni, dei spodestati sulla falsariga di bellimbusti settecenteschi, perfino il classico arrotino “alla palermitana” e un Prometeo sfrattato. E lo scontro tra mondo strutturato e regolato, seppur bigotto e ipocrita, e libero arbitrio svolazzante si perde in un pot pourri fantastico.
La modernissima traduzione di Alessandro Grilli pesca abbondantemente nell’oggi, ed è usata molto liberamente dalla Torre che rimescola spesso le carte, tagliando parecchio ma senza perdere il ritmo. Musiche swinging London mischiate allegramente a minuetti e gavotte, accordi di fortepiano e spinetta, un tocco di percussioni: Enrico Melozzi fa la sua parte, come anche Roberto Crea con i suoi roboanti costumi.
La regista utilizza al minimo la scenografia di Rem Koolhaas, preferendo dei totem su rotelle che in certi momenti, complice il vento, vanno per conto loro; e fa vagare i suoi uccelli fantasmagorici in tutù, tra il pubblico divertito e plaudentissimo.
Simonetta Trovato
Giornale di Sicilia, martedì 15 maggio 2012