voci

FEDRA , ANTIGONE,
CLITENNESTRA, LENA

Fuochi

I Fuochi ai quali allude la Marguerite Yourcenar sono l’emblema dell’amore respinto. Pezzi di cuore sparsi non con la condivisione generosa dei poeti, ma con la necessità rabbiosa dei cuori spezzati, perché tacere uccide. Parole che sembrano essere strabordate dalle mani della scrittrice come l’acqua da un bicchiere stracolmo, alternate a brevi monologhi mitologici, ambientati in uno spazio-tempo onirico senza tempo. Marguerite Yourcenar scomoda i grandi personaggi della leggenda greca come fossero suoi amici immaginari, con una voce squisitamente ornata, dall’eco universale, che non lascia in pace nessuno. Niente è più personale di un mito, come nessuna conversazione è più intima di quella sussurrata in una stanza affollata, con le labbra che quasi si sfiorano. Unire stralci di diario a stralci di mito è forse la ricomposizione più fedele di ogni amore non corrisposto. Da questi diari abbiamo scelto e dato corpo a quattro voci femminili della leggenda greca elevate ad archetipi eterni con l’obiettivo di una ricomposizione poetica, attraverso una narrazione temporalmente radicata nel passato, ma ambientata nella nostra realtà odierna . Laura Morante si fa interprete inquieta e veemente di Fedra, Antigone, Clitemnestra e della serva Lena; quattro vere e proprie suite poetiche che sono ora un urlo articolato nel silenzio, ora un sussurro privato di una confessione e vengono alternate a brevi suite musicali, composte e eseguite dal vivo da Rodrigo D’Erasmo e Roberto Angelini, che ne echeggiano l’umore e ne esaltano lo stato d’animo.

Fabrizio Arcuri

Clitennestra
e le altre

Scritto nel 1935, pubblicato l’anno dopo, ma senza alcuna visibilità, ripubblicato solo dopo vent’anni, senza che l’autrice vi apportasse novità di rilievo, Fuochi di Marguerite Yourcenar si presenta come una raccolta di prose liriche, originate da “una violenta esperienza d’amore”, i cui stadi si riflettono senza ordine, come in nove folgoranti stazioni, nei monologhi o novelle brevi di nove protagonisti. Anche a non dar retta alle dichiarazioni della Yourcenar, quando insiste sulla propria lontananza dal dibattito letterario e sulla propria naturale propensione verso l’antico, non vi è dubbio che la tensione verso Grecia e Roma sia nella scrittrice qualcosa di viscerale e irrinunciabile. Solo Maria Maddalena appartiene alla cristianità, gli altri otto personaggi sono tratti dalla grecità. La crisi passionale cui Yourcenar allude è il fallimento della relazione con André Fraigneau, sofferta al punto da spostare molto presto il proprio asse erotico verso il sesso femminile. Di questa disperazione è segnale incipitario il suicidio con cui termina il primo quadro (Fedra) e il suicidio invano tentato nell’ultimo quadro da Saffo, modernamente tratteggiata come qualcuno che fallisce tutto, anche la propria morte. Si impone, tra tante straordinarie figure di una galleria al calor bianco, quella di Clitemnestra. La regina uxoricida parla a giudici immaginari e confessa: “ho ucciso quell’uomo con un coltello, in una vasca da bagno, con l’aiuto di quel poveraccio del mio amante, che non riusciva nemmeno a tenergli fermi i piedi. Conoscete la mia storia….non c’è una tra le vostre donne che , per una notte, non abbia sognato di essere Clitemnestra”. Il monologo è un lungo flash back, ove l’amore per Agamennone appare immediato, totalizzante, capace anche di accettare il sacrificio di Ifigenia: “il tempo passato lontano da lui scorreva senza senso, goccia a goccia, o a ondate, simile a sangue perduto, lasciandomi ogni giorno più povera di avvenire”. Quando Agamennone ritorna dopo dieci anni di guerra a Troia “era cambiato…tuttavia era bello, ma bello come un toro invece di esserlo come un dio. Salì con noi i gradini del vestibolo che io avevo fatto tappezzare di porpora, come il giorno delle nozze, perché il sangue non si vedesse”. Yourcenar legge e prende a modello il dramma di Eschilo, plot e versi, ma ne rovescia la protagonista. Clitemnestra non solo non è una cospiratrice che odia il re suo sposo e attende solo di poterlo scannare. Questa donna attende con avida passione Agamennone, ma via via è terrorizzata dal proprio aspetto ingrigito, “il re avrebbe trovato sulla soglia una specie di cuoca obesa”. Il movente del regicidio non è la vendetta, non la gelosia, non il potere. E’ la certezza di non poter più amare ed essere amata.

Margherita Rubino

DATE

AGOSTO
08

Laura
Morante

Laura Morante nasce il 21 agosto 1956 a Santa Fiora, in provincia di Grosseto, in una famiglia dove la cultura e l’arte sono di casa, il padre, infatti, è lo scrittore e giornalista Marcello Morante, fratello minore di Elsa. Sin da giovanissima è coinvolta dal palcoscenico, dove debutta con Carmelo Bene, per il quale recita in diverse pièce teatrali come Riccardo III e S.A.D.E.. Il 1980 segna per lei anche l’esordio al cinema nei panni di una giovane tossicodipendente in Oggetti smarriti di Giuseppe Bertolucci, fratello minore di Bernardo, con cui lavorerà l’anno seguente in La tragedia di un uomo ridicolo (1981) con Ugo Tognazzi e Anouk Aimée. È solo al suo terzo lavoro quando incontra sulla sua strada Nanni Moretti, regista che più di chiunque altro l’ha messa sotto i riflettori, prima con Sogni d’oro (1981) e poi soprattutto con Bianca (1984). Nel 1983 una Morante che ha iniziato da poco a calcare la scena del grande schermo, si ritrova a condividere il set con un divo come Jean-Louis Trintignant in Colpire al cuore di Gianni Amelio. È proprio all’inizio degli anni ‘80 che, oltre a prendere parte a produzioni italiane con registi del calibro di Mario Monicelli, partecipa anche a alcune produzione francesi. Per ragioni private più che professionali si trasferisce in Francia dove continua a lavorare con registi francesi come Bruno Gantillon, Alain Tanner, Alain Klarer, Pascal Kane, Pierre Granier Deferre, Bruno Herbulot. Qualche anno dopo, sempre in Francia, partecipa a due grossi spettacoli teatrali L’Hygiène de l’Assassin di Gérard Desarthe e in Pandora di Georges Lavaudant raggiungendo un grandissimo successo. Nel 1986 è protagonista di À flor do mar. Continua al contempo a lavorare anche in Italia, dove viene diretta nuovamente da Amelio in I ragazzi di via Panisperna (1989) e si misura con la commedia accanto a Diego Abatantuono e Fabrizio Bentivoglio in Turné (1990) di Gabriele Salvatores, dimostrando grande naturalità anche in ruoli più leggeri, così come farà più tardi anche con Ferie d’agosto (1996) di Paolo Virzì. Nel 1997 è la protagonista di La mirada del otro di Vicente Aranda e due anni dopo torna a recitare in Italia, dove vince il Globo d’oro per la sua interpretazione ne L’anniversario (1999). Il nuovo millennio la vede far ritorno in Italia, prendere parte a una nuova commedia, Liberate i pesci! (2000) di Cristina Comencini, e aggiudicarsi un David di Donatello e un Ciak d’oro per La stanza del figlio (2001), dove viene diretta per la terza volta da Nanni Moretti. Nonostante il ritorno in patria, sono ancora molti i registi internazionali che desiderano lavorare con lei, dall’inglese Mike Figgis con Hotel(2001) a John Malkovich con Danza di sangue – Dancer Upstairs (2002) sino a un mito del cinema francese come Alain Resnais in Cuori (2006) e a Laurent Tirard in Molière di Laurent Tirard con Fabrice Luchini e Romain Duris. In Italia, oltre a riprendere in mano le redini del teatro, interpreta la scrittrice Sibilla Aleramo in Un viaggio chiamato amore (2002), accanto a Stefano Accorsi nei panni di Dino Campana. Viene diretta da Gabriele Muccino in Ricordati di me(2003), con il quale otterrà una candidatura sia ai David di Donatello sia ai Nastri d’argento – doppia nomina che riceverà senza vincere anche con Liscio (2006). Il Nastro, però, se lo aggiudica nel 2004 con la commedia L’amore è eterno finché dura di e con Carlo Verdone, di cui interpreta la moglie; abbandonati i ruoli drammatici che aveva caratterizzato gli inizi della sua carriera, segue la scia della commedia anche con il film di Sergio Castellitto, La bellezza del somaro (2010). In quegli anni inizia anche una fruttuosa collaborazione con Pupi Avati, che la vede protagonista di tre lavori da lui diretti: Il nascondiglio (2007) e Il figlio più piccolo (2010) per il cinema e Con il sole negli occhi (2015) in TV. La Morante sperimenta anche la regia, portando sul grande schermo Ciliegine (2012), con cui si aggiudica un Globo come Miglior rivelazione, e Assolo (2016), commedie di cui è anche protagonista. Nel 2015 le viene conferito il Nastro d’argento europeo e ormai indirizzatasi pienamente verso ruoli più disimpegnati, condivide ben due volte il set con Marco Giallini in Ogni maledetto Natale (2014) e Se Dio vuole (2015), mentre nel 2018 è protagonista insieme a Rocco Papaleo di Bob & Marys e partecipa nel film Una storia senza nome di Roberto Andò e nella commedia La profezia dell’ Armadillo di Emanuele Scaringi. Nel 2019 partecipa al film di Daniele Luchetti Lacci a fianco di Luigi Lo Cascio, Alba Rohrwacher, Giovanna Mezzogiorno e Adriano Giannini. Nel 2018 ha pubblicato per La Nave di Teseo il suo primo libro Brividi immorali. Racconti e interludi.

Rodrigo
D’Erasmo

Rodrigo D’Erasmo è un violinista, polistrumentista, arrangiatore, produttore e compositore nato a San Paolo (Brasile). Dplomato in violino al Conservatorio Santa Cecilia in Roma e al conservatorio M.Mussorgsky di Ekaterinburgo, dopo un’intensa attività concertistica di matrice classica si dedica alla ricerca sul proprio strumento affrontando vari generi, dal jazz, alle musiche etniche fino ad approdare al rock. Ha collaborato negli anni in studio e live con molti artisti di fama nazionale ed internazionale quali Muse, Afghan Whigs, Mark Lanegan, Rokia Traoré, John Parish, Steve Wynn, Damon Albarn, Daniele Silvestri, Carmen Consoli, Salmo, PFM, Negramaro e molti altri. Dal 2008 è membro degli Afterhours con i quali ha realizzato sei album, ha suonato in tutto il mondo e vinto molti premi fra i quali il Premio della Critica Mia Martini a Sanremo nel 2009 e il Premio Tenco nel 2012 come miglior album con Padania. Compositore di molte colonne sonore per il cinema e per documentari, è stato anche producer al fianco di Manuel Agnelli a X Factor nel 2017 e 2018, e attualente è direttore musicale della trasmissione Ossigeno in onda su Rai 3. Ha diretto più volte l’orchestra al Festival di Sanremo, e anche durante l’edizione 2020 per la canzone vincitrice: Fai rumore di Diodato.

Roberto
Angelini

Nato nel 1975, esordisce come cantautore nel 2001 con l’album Il Signor Domani (Virgin). Partecipa a Sanremo Giovani nello stesso anno con l’omonimo brano e si aggiudica il Premio della Critica Mia Martini. Nel 2003 pubblica l’album Angelini (EMI) che contiene le hit GattoMatto e La Gioia del Risveglio. Questo disco, molto più pop del precedente, lo fa conoscere al grande pubblico. Da lì a poco sente l’esigenza di tornare alle origini: rompe il contratto con la EMI e fonda una sua etichetta indipendente, FioriRari, con la quale pubblicherà due dischi a suo nome, La Vista Concessa (2009) e Phineas Gage (2011). Nel frattempo riprende con più interesse l’attività di musicista diventando molto richiesto per il suo personale modo di suonare la lapsteel (Fabi, Silvestri, Gazzè, Planet Funk, Fabrizio Moro, Emma Marrone, Orchestraccia). Nascono così vari progetti paralleli. I più fortunati e longevi sono Discoverland, duo fondato col cantautore Pier Cortese che si diverte a reinterpretare e miscelare brani del passato e del presente, e un duo nato insieme al violinista Rodrigo D’Erasmo per celebrare e divulgare un artista cult come Nick Drake. Da qui prenderà vita un disco, Pong Moon, che darà origine a una moltitudine di eventi e collegamenti che perdurano ancora oggi (ad esempio il documentario Songs in a conversation diretto da Giorgio Testi, presentato nel settembre 2019 al Festival del Cinema di Roma e tuttora in programmazione su Sky Arte). Come produttore fa muovere i primi passi nella discografia ad artisti come Margherita Vicario, Andrea Rivera e Luca Carocci. Firma come co-produttore il fortunato e pluripremiato album di Niccolò Fabi Tradizione e Tradimento (2019). Come autore scrive il brano Calore che lancia, con la vittoria di Amici nel 2010 la carriera di Emma Marrone. Dal 2013 consacra la sua popolarità al fianco di Diego “Zoro” Bianchi, dapprima su Rai3 con la trasmissione Gazebo poi su La7 con Propaganda Live. Attualmente impegnato in tour con Niccolò Fabi, è al lavoro per ultimare il suo quarto disco da cantautore.