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Elisabetta Pozzi, ritratto di una primadonna.

da | Mag 9, 2009

Elisabetta Pozzi

Elisabetta Pozzi

L’arte di Elisabetta Pozzi si fonda su una rara e perfetta simbiosi tra passionalità e intelligenza.

Balzò fuori da sola e perentoria, quell’arte, quando l’attrice aveva diciassette anni. Lei però seppe affinarla nel tempo, regalarle specificità e arricchirne la maschera vocale. Così il talento crebbe per la strada, grazie alla simpatia curiosa e all’avidità intellettuale che colorano l’indole dell’ attrice, giunta oggi ad una problematica, impegnata, seducente maturità. Medea di Euripide è punto di arrivo per ogni ‘primadonna’ che sia in grado di profondervi le esperienze di una vita , fuse al calor bianco però, perché è interpretazione tragica come nessun’altra, è palpito e insieme urlo di rivalsa femminile. Nel secondo novecento capitò a Sarah Ferrati e poi a pochissime alte. Capita a Elisabetta Pozzi nel pieno di una meravigliosa carriera. Va ripercorsa, questa carriera, perché fornisce via via i tasselli che colgono nel farsi e insieme compongono con evidenza, per così dire, scientifica, il ritratto di una grandissima attrice. Il primo provino Elisabetta lo vinse subito, giovanissima, era per il ruolo di Romilda Pescatore, nella trasposizione teatrale de “Il fu Mattia Pascal” di Pirandello per la regia di Luigi Squarzina (1975). Un inizio alla grande, presso il Teatro Stabile di Genova, la città dove era nata e dove frequentava il Liceo Classico D’Oria, che lasciò subito perché il mestiere teatrale, come lo intendeva lei, e come glielo andava insegnando Giorgio Albertazzi, era un assoluto, dettava il ritmo della vita. Seguirono anni girovaghi, poca televisione ma da protagonista (“Rosso veneziano”, “Che fare”) e moltissimo teatro, con due costanti: Giorgio Albertazzi, accanto a cui recitò nel “Racconto d’inverno”, “Peer Gynt”, “Antonio e Cleopatra”; e poi lo Stabile di Genova, per cui fu interprete in “Re Nicolò” di Wedekind (1981) ,“Pericle principe di Tiro” di Shakespeare (1982), “La putta onorata” di Goldoni (1987), tra le poche scelte comiche, questa ultima, di una interprete che privilegia il tragico, il tragico spinto oppure il grottesco.

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