Ecuba 2006. Il Coro (particolare). Foto  C. Aviello. Archivio INDA

Ecuba 2006. Il Coro (particolare). Foto C. Aviello. Archivio INDA

Uno straniero, talvolta, percepisce il significato di alcune parole della nostra lingua più di quanto noi stessi siamo in grado di fare.
Leggendo vari testi in lingua italiana sui profughi, mi ha colpito il fatto di aver trovato una grande profusione di termini che indicano realtà molto simili, quasi ci fosse l’impossibilità ad esprimere ciò che realmente accade. Ho raccolto dieci parole che hanno significati vicini, talvolta sinonimi: profughi, rifugiati, fuggiaschi, sfollati, deportati, esiliati, emigrati, espulsi, respinti, espatriati. E potrei aggiungerne ancora altre: per esempio, clandestini o regolari.
Come è possibile passare dalla clandestinità alla legalità? Si tratta di una confusione dovuta all’incapacità di definire questo fenomeno che abbiamo dinanzi agli occhi? Oppure si tratta di una sovrabbondanza di termini?