Un triangolo rettangolo, guarnito da quattro piani di finestroni che degradano ad arco simili a quelli d’un Colosseo piatto, ha il cateto alto 15 metri lambito da un enorme disco dorato, la base misura una quarantina di metri e l’ipotenusa seghettata da almeno settanta scalini va a scemare lì accanto ad un’alta cilindrica torre biancastra, come le pietre della cavea del teatro, accessibile attraverso una scala a chiocciola che giunge sino in cima come una spirale del DNA. La scena in perfetto bilanciamento prospettico si completa con un’ampia e bianca agorà che si dispiega all’inizio con varie file di scaloni, per chiudere infine la skené dalle fogge rotondeggianti accanto ad una fossa di sabbia raffigurante la tomba di Agamennone. E’ la scena architettata da Pietro Carriglio che firma pure i costumi orientali e un’appassionata messinscena di questo kolossal di 25 secoli fa che è l’ Orestiade di Eschilo e che utilizza la versione tradotta quarantotto anni fa da Pier Paolo Pasolini per Vittorio Gassman che curò pure la regia assieme a Luciano Lucignani e che vede sulla scena in tre ore e quaranta minuti di spettacolo (come è avvenuto all’anteprima, mentre le repliche saranno scandite in due serate) un centinaio di personaggi, tra cori di vecchi e giovani, soldati, figuranti e attori comprimari. La scena raffigura chiaramente la casa degli Atridi, il luogo dove si consumano tresche e ammazzamenti e dove il sangue scorrerà solo raffigurato da rigagnoli di stoffe scarlatte. La parola regna sovrana, si veste di lutto e di violenza e lentamente andrà a placarsi e adagiarsi sulle coscienze di tutti, con un messaggio di pace e di giustizia. All’inizio è la Clitennestra di Galatea Ranzi di rosso-magenta vestita ad aprire le danze di morte con l’aiuto del suo amante Egisto (Luciano Roman), scannando prima il suo sposo Agamennone , quello autorevole di Giulio Brogi che giunge ad Argo portato a spalla su un fercolo come un santo in processione, colpevole costui d’aver sacrificato ad Artemide la figlia Ifigenia prima della spedizione contro Troia, e poi ri-scannando il corpo della di lui schiava e concubina Cassandra, alias Ilaria Genatiempo, che in alcuni momenti di possessione vaticinante si farà sfuggire via il microfono rendendo la sua voce più umana e naturale.
L’arrivo di Oreste, figlio di Agamennone, una silouette nera quella del bravo Luca Lazzareschi, meditabondo e implacabile come un Amleto ante litteram , pareggerà i conti, infilzando con un pugnale prima Egisto e poi sua madre, non prima d’essersi fatto riconoscere dalla sorella Elettra (la stessa Ranzi) colta a pregare assieme alle Coefore sue ancelle sulla tomba del padre. Fugge Oreste inseguito dalle Erinni, chiedendo aiuto ad Apollo che appare in alto su quella torre bianca (meglio in questo ruolo Maurizio Donadoni che non come isterico messaggero) senza potergli risolvere il problema, perché quelle furie nere non sentono ragione e vogliono a tutti i costi fargli la pelle. Ecco infine apparire davanti a quel disco dorato la dea Atena, tutta argentata, carismatica e ronconiana quella di Elisabetta Pozzi, che ascoltate accuse e discolpe d’ambo le parti decide di rimettere il giudizio ad un tribunale di cittadini ateniesi da lei stessa costituito, il cosiddetto Areopago, qui raffigurato da dieci spettatori che decideranno la sorte di Oreste ponendo in un’urna cinque biglie nere e cinque bianche e poiché la votazione risulterà pari, il processo si concluderà con l’assoluzione di Oreste grazie al voto favorevole della dea. Le Erinni diventeranno benevole Eumenidi e saranno poi venerate come tali. Ancora un’emozione finale, quella proveniente dalla cavea, con la lettura di un brano di George Thomson, Il regno della legge è iniziato , letto con un filo d’emozione dal procuratore nazionale dell’antimafia Piero Grasso e sarà così sino al 22 giugno a fine spettacolo, in cui una personalità sempre diversa, leggerà il brano a suggello del messaggio di giustizia e di legalità proveniente da questa Orestiade di Carriglio per questo 44° ciclo di rappresentazioni classiche al Teatro greco di Siracusa.