Ho conosciuto Franca Valeri al tempo del Teatro Eliseo, quando con Peppino Patroni Griffi nacque il progetto della Vedova Socrate. Franca scrisse quel copione con la sua scrittura pungente e cristallina e si divertiva un mondo ogni sera, sugli alti coturni e una turrita parrucca bionda. Il Piccolo Eliseo fu suo per molti mesi, la sua “casa”, con le lunghe code dei fans che aspettavano il proprio turno per salutarla. Franca Valeri aveva un sorriso e una battuta per ognuno. Era uno spettacolo nello spettacolo. Appena arrivato alla direzione del Teatro di Roma, le feci visita nella sua casa zeppa di libri, quadri, fotografie, oggetti, e la invitai a ritornare al Teatro Argentina con lo spettacolo Il cambio dei cavalli, con Urbano Barberini, la sua ultima apparizione in palcoscenico. Certo della sua grandezza volli che fosse la stella di Ritratto di una Capitale, l’affresco di 12 ore col quale il palcoscenico specchiava una Roma al capolinea. Scrisse per sé, leggendola seduta a un tavolo, L’insaziabile imperatrice, invettiva al fulmicotone ma aggraziata e piena di ironia, che era la sua specialissima cifra. Ci lascia una fra le donne più forti, determinate, acute, originali, appassionate di un secolo. A pochi giorni dai 100 anni compiuti, Franca non c’è più ma resterà per sempre in noi, un popolo di numerose generazioni, che l’hanno amata in TV, a teatro, al cinema, alla radio, nella lettura dei suoi libri e persino all’opera lirica. Non perdeva un debutto al Teatro Argentina, seduta in prima fila, curiosa di classici e contemporanei, di grandi attrici e attori e di interpreti e autori ancora sconosciuti, salutata ogni volta da calorosi applausi di tutto il teatro, sovente in piedi. L’ultima volta che l’ho sentita al telefono è stata molti mesi fa per dirle che la sua Vedova Socrate avrebbe debuttato al Teatro Greco col passaggio di testimone a Lella Costa. Ne fu lusingata e felice e le strappai la promessa che sarebbe stata con noi, seduta nella cavea millenaria, ad applaudire la sua Vedova e a festeggiare i suoi cento anni con l’Olimpo al completo. Lo scorso 31 luglio ho chiamato casa Valeri e ho parlato con la figlia Stefania Bonfadelli, soprano e regista, che ne preserverà al meglio la memoria. Stefania aveva accanto a sé Franca alla quale ho mandato da Siracusa il mio più affettuoso abbraccio. Unico rammarico è che non abbia visto la luce un altro progetto: Franca aveva debuttato al Teatro Valle e, dopo gli anni dell’occupazione, le chiesi di scrivere un pezzo su quello storico teatro. Franca cominciò ad abbozzare un monologo: ramazza in mano e grembiule, dava voce alla “custode” del teatro e alle molte voci e figure che lo avevano abitato. La sua lezione di profonda umanità, il suo essere sempre fuori dagli schemi, con un incalzare continuo di vitalità, il pulsare costante dell’intelligenza del cuore, l’ineguagliabile curiosità verso gli altri, lo sfavillio del gioco, ci facciano da faro.
Antonio Calbi
Sovrintendente della Fondazione Inda