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Diagnosi generale: labilità psicologicaDiagnosi generale: labilità psicologica

da | Apr 20, 2015

LA TRAGEDIA DEI PICCOLI GESTI

di Fausto Savasta

Ifigenia in Aulide è la prima tragedia della trilogia che Euripide compose dopo il 407 a.C. alla corte del re Archelao, dove trascorse l’ultimo periodo della sua vita. Uno scolio ad Aristofane ci informa che il dramma venne fatto rappresentare postumo dal figlio o da un nipote omonimo secondo il lessico Suda. Il livello artistico raggiunto dal poeta in questo dramma è ragguardevole, segnatamente per la ricchezza e la vivacità psicologica che caratterizza i personaggi. Molte spie  all’interno del testo evidenziano tracce d’incompiutezza: la presenza di due prologhi ed anche la parte conclusiva, probabile rimaneggiamento di età bizantina. L’argomento del dramma era stato già trattato nei Canti Ciprii, un poema del ciclo troiano, e in drammi perduti di Eschilo e di Sofocle. Nella tragedia euripidea il tema è svolto senza particolari differenze rispetto al suo tradizionale assetto. Uniche eccezioni sono il colpo di scena dell’intercettazione del secondo messaggio di Agamennone e l’apparizione nel finale di Artemide.

La vicenda è ambientata nel campo greco in Aulide, sulla riva beotica dell’Euripo. La flotta greca si appresta a salpare alla volta di Troia, ma è bloccata dalla mancanza di vento. L’indovino Calcante informa che la situazione potrà cambiare soltanto se verrà sacrificata Ifigenia, figlia di Agamennone. L’Atride decide allora di convocare al campo di Aulide la giovane figlia e la moglie Clitennestra con la scusa di presunte nozze con Achille. In realtà è intenzionato a sacrificare la figlia per placare l’ira di Artemide ed assicurare così il vento favorevole alla flotta. Un ripensamento improvviso sull’atto spaventoso  che sta per compiere lo spinge a mandare il vecchio servo ad Argo con un secondo messaggio che annulla l’invito precedente. Dopo l’entrata in scena del coro formato dalle giovani spose di Aulide, appare Menelao che ha intercettato il servo. Adirato con il fratello si presenta da lui, lo affronta con decisione e con parole di biasimo gli rimprovera l’ingiustificata esitazione. Lo sviluppo della vicenda è però ormai irreversibile. Viene infatti annunciato l’arrivo al campo di Ifigenia insieme alla madre ed al piccolo Oreste. Di fronte alla disperazione di Agamennone, Menelao prova un sincero pentimento e si lascia convincere dalle motivate ragioni affettive del fratello. Si assiste , a questo punto, ad un’inversione delle parti. Sarà ora lo stesso Agamennone a dichiarare che non è più possibile fare passi indietro rispetto alla decisione presa. Agamennone è consapevole che un suo ripensamento lo disonorerebbe agli occhi dell’esercito. Il sacrificio della vergine è ormai inevitabile. L’incontro casuale di Clitennestra con Achille, da lei festosamente salutato come futuro genero, fa sì che l’inganno venga svelato. Un vecchio servo rivela ad entrambi l’oracolo fatale. La moglie dell’Atride, in preda allo sconforto, implora l’aiuto e la protezione del Pelide,  ma ormai è difficile tenere a freno l’esercito stremato dall’attesa e aizzato da Odisseo. Anche Ifigenia è a conoscenza del proprio destino. Clitennestra, dominata dall’amore materno, rimprovera ad Agamennone di voler sacrificare la figlia e gli ricorda di essere stata sempre una moglie sottomessa e amorevole, la fanciulla implora la salvezza  dal padre con toccanti parole.

Ma dopo la supplica disperata rivolta al genitore è la stessa Ifigenia, palesando un coraggio che contraddice il terrore di pochi istanti prima, a chiedere di sua spontanea volontà di essere sacrificata per il bene dell’impresa. L’intervento di un messaggero annuncia che, proprio nell’attimo in cui stava per essere compiuto il sacrificio, sull’altare è apparsa prodigiosamente una cerva, mentre la ragazza è scomparsa misteriosamente. Un passo di Eliano contiene un frammento probabilmente appartenente alla chiusa autentica, in cui Artemide comparendo ex machina annunciava la salvezza della fanciulla e l’assunzione di lei al ruolo di sacerdotessa del proprio culto. Come ha messo bene in evidenza la critica, in questo dramma Euripide propone soluzioni drammaturgiche presenti anche in altre opere della maturità. Quasi tutti i personaggi dell’Ifigenia in Aulide sono contrassegnati da una labilità psicologica che impedisce loro di condizionare gli accadimenti. Traspare, al contrario, una rassegnazione antieroica che negativizza il loro agire, annullando la considerazione ed il prestigio che la tradizione aveva conferito al loro ruolo. Come acutamente osserva Guidorizzi, ad essi manca perfino la grandezza del male e della follia. Agamennone ed Achille, come molti altri personaggi maschili dell’universo euripideo, si iscrivono nella crisi dei valori eroici. Nessuno di loro è più capace di compiere un gesto grande né è animato da passioni sovrumane. Cambiano più volte le loro decisioni, sono fragili e vulnerabili. Agamennone, un burattinaio animato dalla sete di potere, è timoroso della reazione dei suoi soldati. Achille rischia addirittura una violenta aggressione da parte dei Mirmidoni. A spiccare ancora una volta è un personaggio femminile, Ifigenia, attraverso la quale Euripide dimostra fino a che punto possa arrivare la generosità di una donna. Più specificatamente, attraverso la figura della giovane donna, in questo dramma viene ripreso il tema del sacrificio volontario di un innocente per la patria, già trattato negli Eraclidi e nelle Fenicie. Come osserva Del Corno, è difficile pensare che si tratti di una fiammata di patriottismo dell’autore, la cui denuncia dell’atrocità e assurdità della guerra è assai palese in altre tragedie appartenenti allo stesso filone tematico, quanto piuttosto un tentativo di demistificare la propaganda asservita agli interessi dei signori della guerra. Nella figura di Ifigenia si coglie piuttosto l’accento di un ‘intensa pietà nei confronti di tutti gli innocenti , vittime di un sistema che, mascherato di legalità avalla scelte distruttive. Ifigenia non è in contraddizione con se stessa, e il giudizio negativo di Aristotele, che fa riferimento a lei nella Poetica quale esempio d’incoerenza, è riduttivo e non coglie la scelta strutturale euripidea già presente in altri suoi drammi.

Il cambiamento d’atteggiamento della fanciulla nei confronti del padre, al quale si mostra prima supplichevole , poco dopo rassegnata, è segno di una maturazione repentina, di una presa di coscienza dell’inevitabilità del suo sacrificio. Anche Polissena nell’Ecuba si era coraggiosamente offerta al sacrificio, sebbene precedentemente si fosse abbandonata allo sconforto, avendo appreso di dover essere immolata sulla tomba di Achille. La decisione di Ifigenia di votarsi alla morte occupa il giusto spazio per evitare un possibile riscatto in senso eroico dei personaggi maschili, dei due Atridi, ma anche di Achille, che può sentirsi risollevato di fronte alla caparbia decisione di Ifigenia di andare incontro alla morte. Il lieto fine del dramma non esclude, come viene sottolineato da Franco Ferrari, quel senso di debolezza e di precarietà della condizione umana, sottratta sia a un disegno provvidenziale sia al dominio della ragione.LA TRAGEDIA DEI PICCOLI GESTI

di Fausto Savasta

Ifigenia in Aulide è la prima tragedia della trilogia che Euripide compose dopo il 407 a.C. alla corte del re Archelao, dove trascorse l’ultimo periodo della sua vita. Uno scolio ad Aristofane ci informa che il dramma venne fatto rappresentare postumo dal figlio o da un nipote omonimo secondo il lessico Suda. Il livello artistico raggiunto dal poeta in questo dramma è ragguardevole, segnatamente per la ricchezza e la vivacità psicologica che caratterizza i personaggi. Molte spie  all’interno del testo evidenziano tracce d’incompiutezza: la presenza di due prologhi ed anche la parte conclusiva, probabile rimaneggiamento di età bizantina. L’argomento del dramma era stato già trattato nei Canti Ciprii, un poema del ciclo troiano, e in drammi perduti di Eschilo e di Sofocle. Nella tragedia euripidea il tema è svolto senza particolari differenze rispetto al suo tradizionale assetto. Uniche eccezioni sono il colpo di scena dell’intercettazione del secondo messaggio di Agamennone e l’apparizione nel finale di Artemide.

La vicenda è ambientata nel campo greco in Aulide, sulla riva beotica dell’Euripo. La flotta greca si appresta a salpare alla volta di Troia, ma è bloccata dalla mancanza di vento. L’indovino Calcante informa che la situazione potrà cambiare soltanto se verrà sacrificata Ifigenia, figlia di Agamennone. L’Atride decide allora di convocare al campo di Aulide la giovane figlia e la moglie Clitennestra con la scusa di presunte nozze con Achille. In realtà è intenzionato a sacrificare la figlia per placare l’ira di Artemide ed assicurare così il vento favorevole alla flotta. Un ripensamento improvviso sull’atto spaventoso  che sta per compiere lo spinge a mandare il vecchio servo ad Argo con un secondo messaggio che annulla l’invito precedente. Dopo l’entrata in scena del coro formato dalle giovani spose di Aulide, appare Menelao che ha intercettato il servo. Adirato con il fratello si presenta da lui, lo affronta con decisione e con parole di biasimo gli rimprovera l’ingiustificata esitazione. Lo sviluppo della vicenda è però ormai irreversibile. Viene infatti annunciato l’arrivo al campo di Ifigenia insieme alla madre ed al piccolo Oreste. Di fronte alla disperazione di Agamennone, Menelao prova un sincero pentimento e si lascia convincere dalle motivate ragioni affettive del fratello. Si assiste , a questo punto, ad un’inversione delle parti. Sarà ora lo stesso Agamennone a dichiarare che non è più possibile fare passi indietro rispetto alla decisione presa. Agamennone è consapevole che un suo ripensamento lo disonorerebbe agli occhi dell’esercito. Il sacrificio della vergine è ormai inevitabile. L’incontro casuale di Clitennestra con Achille, da lei festosamente salutato come futuro genero, fa sì che l’inganno venga svelato. Un vecchio servo rivela ad entrambi l’oracolo fatale. La moglie dell’Atride, in preda allo sconforto, implora l’aiuto e la protezione del Pelide,  ma ormai è difficile tenere a freno l’esercito stremato dall’attesa e aizzato da Odisseo. Anche Ifigenia è a conoscenza del proprio destino. Clitennestra, dominata dall’amore materno, rimprovera ad Agamennone di voler sacrificare la figlia e gli ricorda di essere stata sempre una moglie sottomessa e amorevole, la fanciulla implora la salvezza  dal padre con toccanti parole.

Ma dopo la supplica disperata rivolta al genitore è la stessa Ifigenia, palesando un coraggio che contraddice il terrore di pochi istanti prima, a chiedere di sua spontanea volontà di essere sacrificata per il bene dell’impresa. L’intervento di un messaggero annuncia che, proprio nell’attimo in cui stava per essere compiuto il sacrificio, sull’altare è apparsa prodigiosamente una cerva, mentre la ragazza è scomparsa misteriosamente. Un passo di Eliano contiene un frammento probabilmente appartenente alla chiusa autentica, in cui Artemide comparendo ex machina annunciava la salvezza della fanciulla e l’assunzione di lei al ruolo di sacerdotessa del proprio culto. Come ha messo bene in evidenza la critica, in questo dramma Euripide propone soluzioni drammaturgiche presenti anche in altre opere della maturità. Quasi tutti i personaggi dell’Ifigenia in Aulide sono contrassegnati da una labilità psicologica che impedisce loro di condizionare gli accadimenti. Traspare, al contrario, una rassegnazione antieroica che negativizza il loro agire, annullando la considerazione ed il prestigio che la tradizione aveva conferito al loro ruolo. Come acutamente osserva Guidorizzi, ad essi manca perfino la grandezza del male e della follia. Agamennone ed Achille, come molti altri personaggi maschili dell’universo euripideo, si iscrivono nella crisi dei valori eroici. Nessuno di loro è più capace di compiere un gesto grande né è animato da passioni sovrumane. Cambiano più volte le loro decisioni, sono fragili e vulnerabili. Agamennone, un burattinaio animato dalla sete di potere, è timoroso della reazione dei suoi soldati. Achille rischia addirittura una violenta aggressione da parte dei Mirmidoni. A spiccare ancora una volta è un personaggio femminile, Ifigenia, attraverso la quale Euripide dimostra fino a che punto possa arrivare la generosità di una donna. Più specificatamente, attraverso la figura della giovane donna, in questo dramma viene ripreso il tema del sacrificio volontario di un innocente per la patria, già trattato negli Eraclidi e nelle Fenicie. Come osserva Del Corno, è difficile pensare che si tratti di una fiammata di patriottismo dell’autore, la cui denuncia dell’atrocità e assurdità della guerra è assai palese in altre tragedie appartenenti allo stesso filone tematico, quanto piuttosto un tentativo di demistificare la propaganda asservita agli interessi dei signori della guerra. Nella figura di Ifigenia si coglie piuttosto l’accento di un ‘intensa pietà nei confronti di tutti gli innocenti , vittime di un sistema che, mascherato di legalità avalla scelte distruttive. Ifigenia non è in contraddizione con se stessa, e il giudizio negativo di Aristotele, che fa riferimento a lei nella Poetica quale esempio d’incoerenza, è riduttivo e non coglie la scelta strutturale euripidea già presente in altri suoi drammi.

Il cambiamento d’atteggiamento della fanciulla nei confronti del padre, al quale si mostra prima supplichevole , poco dopo rassegnata, è segno di una maturazione repentina, di una presa di coscienza dell’inevitabilità del suo sacrificio. Anche Polissena nell’Ecuba si era coraggiosamente offerta al sacrificio, sebbene precedentemente si fosse abbandonata allo sconforto, avendo appreso di dover essere immolata sulla tomba di Achille. La decisione di Ifigenia di votarsi alla morte occupa il giusto spazio per evitare un possibile riscatto in senso eroico dei personaggi maschili, dei due Atridi, ma anche di Achille, che può sentirsi risollevato di fronte alla caparbia decisione di Ifigenia di andare incontro alla morte. Il lieto fine del dramma non esclude, come viene sottolineato da Franco Ferrari, quel senso di debolezza e di precarietà della condizione umana, sottratta sia a un disegno provvidenziale sia al dominio della ragione.

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